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al testo di Giovanni Abbate
Dies resurrectionis
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Ogni casa o rifugio di viventi Ha già pronti tavoli e sedie innumerevoli E a turno si veglia l’ingresso: svelti Ad avvertire nelle cucine dell’arrivo: fame E stanche le ossa avranno.
E se accadesse domani? O domani l’altro? O mai? Oggi sarà! Perché dunque indugiano? Scruteranno la scapigliatura del paesaggio: mancano Da lunghissimo tempo – molti. O la strada non ricordano e staranno orientandosi Riconoscendo una quercia o la gobba d’una collina.
E questa notte? Già il buio s’appresta. Sosteranno da qualche parte e domattina Riprenderanno il viaggio con la luce a guidarli. Imboccheranno la direzione giusta – vedrai –: quella Percorsa un tempo che partirono. Ma leggiamo ora. Siamo soltanto a metà della pagina E le pagine vanno lette fino al fondo Prima di richiudere il libro.
Un’altra notte! Le loro palpebre sapranno reggere la vista? Riposeranno in un luogo sicuro Come la notte precedente e saziati dal sonno Più celeri consumeranno lo spazio che ci divide. A voce bassa – ti prego – seguitiamo a leggere. A che punto siamo del capitolo?
È nuovamente notte! E fuori piove e gira il freddo. Ripareranno al tepore d’un falò. Qualche pastore avrà ricordato il bivacco delle notti Con il fuoco a tenergli compagnia. Ma prima che si riveli l’alba ripartiranno Che la strada ancora non s’è quietata. Tu non sai quanto è lungo un passo Per quelli che ci credono.
(Da Formicaio barocco –2004)
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